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"La quarta dimensione del tempo". Intervista all'autrice.


Noi di Nerderia in compagnia, dopo aver letto "La quarta dimensione del tempo", abbiamo avuto il grande piacere di intervistare questa giovane autrice, Ilaria Mainardi, scoprendo con lei le varie forme della scrittura.


1. Analizzando il tuo romanzo, da dove nasce l’ispirazione che ti ha portato a scrivere questo libro, così intenso e ricco di emozioni?

La vicenda narrata ne “La quarta dimensione del tempo” è ambientata negli Stati Uniti e intrisa di amore per il cinema, la più grande passione, la fucina di ogni mio sogno. Infatti è proprio in quei luoghi, scrutati con l'alterità curiosa di una straniera, che la mia immaginazione si è forgiata: da John Ford a Sam Peckimpah, da Quentin Tarantino ai fratelli Coen. E ancora, da Sergio Leone a Martin McDonagh, quest'ultimo regista, sceneggiatore e grande drammaturgo (prima di tutto), che americani non sono, ma a un certo modo di narrare hanno saputo o sanno rifarsi assai bene.

Ho scelto l’America non per provincialismo, ma perché ritenevo che proprio lì dovesse radicarsi la storia di sradicati – scusate il gioco di parole – che avevo intenzione di raccontare.

Ogni cosa che ho scritto alla fine ha rappresentato proprio questo: la mia grande fame di cinema (ho anche un cast ideale… se solo fossi un’autrice bestseller!).


2. Volendo usare tre aggettivi per descrivere il tuo libro, quali useresti?

Ironico, introspettivo, cinefilo. Non necessariamente in questo ordine.


3. Per te cos’è scrivere? Che sensazioni/emozioni ti genera?

Per me scrivere è un modo per arrivare al cinema, non potendo, per mancanza di talento e occasioni, credo, arrivarci davvero. Attraverso la scrittura posso cullarmi nelle storie che tanto amo: è una forma diversa di racconto ed è un mezzo che mi consente di guardare alle cose, tentando di alienarmi dalla dittatura del mio sguardo (parziale, pregiudizievole, come ogni parzialità ). Sono io che scrivo, certo, ma le storie contengono sempre qualcosa di inaspettato e sorprendente, qualcosa che costringe a porsi domande senza trovare una risposta univoca.

4. La tua passione per la scrittura nasce dall'amore verso un libro in particolare? Se si, qual è?


Non c’è un libro particolare, ce ne sono molti. Se devo dire un solo titolo, mi piace citare “Triste, Solitario Y Final”, di Osvaldo Soriano, autore con il quale condivido la passione per il calcio.


5. Nel tuo romanzo si evocano luoghi e tempi andati: da dove hai preso spunto per la stesura del tuo libro?

“La quarta dimensione del tempo” è ambientato soprattutto nella contemporaneità. Alcuni capitoli rappresentano tuttavia dei flashback, utili a contornare il passato – soprattutto per quanto riguarda certi rapporti familiari – del protagonista. Come scrivevo prima, la mia immaginazione è legata in particolare al cinema: un campo lungo su una stazione di servizio, la faccia di Sam Rockwell, uno degli attori che amo di più, lo scricchiolio della porta di legno di una villetta uguale a mille altre eppure diversissima (anche gli scricchiolii non sono mai identici!).


6. Leggendo il tuo libro si evince un forte attaccamento verso i legami familiari, quanto peso hai dato a questo aspetto? Credi che prendendo spunto dal quotidiano lo scrittore possa risultare più credibile agli occhi del lettore?

Della storia non mi interessava tanto l'esito quanto il percorso. Mi interessavano soprattutto il tempo, la lentezza, l'idea che ci siano strade che devono essere percorse piano. Festina lente, esortavano i latini, del resto. Questo vale anche quando ci si propone di recuperare un rapporto familiare che sembrava corrotto per sempre, come fallato.

Non si tratta però di un romanzo sulla prudenza, piuttosto, appunto, sulla possibilità di scongelare un amore, in questo caso filiale, inquinato da errori gravi, dalla rabbia, dal dolore, da un senso di colpa, che risulta paralizzante. C'è sempre un'umanità da riscoprire ("3 Billboards Outside Ebbing, Missouri" ce lo insegna), ma il modo, come dicono i personaggi di McDonagh, va deciso e ricalibrato strada facendo, con l’audacia di un azzardo emotivo, ma, al tempo stesso, con la consapevolezza che non esistono soluzioni semplici a problemi complessi, per relazioni complesse.

Con il quotidiano ho difficoltà ad avere rapporti… persino nel quotidiano! Quando scrivo bado alla verosimiglianza, per non infrangere il patto narrativo col lettore (o per infrangerlo senza però tradirlo), ma non alla verità o alla cosiddetta verità del quotidiano. Il concetto di verità lo rifuggo proprio: cosa è vero davvero? Se mi mettessi a descrivere con minuziosità il ciuffetto d’erba che fa capolino dalla fessura del marciapiede davanti al mio condominio, se perdessi ore a controllare come il verde (quale tonalità di verde?) riflette la luce quando è bagnato dalla rugiada ecc. ecc., racconterei la verità? No, si tratterebbe solo e sempre di una ricostruzione mediata dal mio sguardo, quindi di una elaborazione in prevalenza soggettiva. Ogni pensiero alla fine è una menzogna, intesa in senso proprio e senza alcun giudizio moralistico, anzi. Le opere di ingegno lo sono altrettanto, per fortuna.

7. Volendo scavare nel tuo profondo, come scrittrice ti definiresti?


Senza falsa modestia, mi sembra opportuno non definirmi scrittrice. Credo che ognuno di noi possa, pur amando fare qualcosa, pur impegnandosi per farlo al meglio delle proprie possibilità, conservare il pudore che aiuta a evitare definizioni altisonanti e forse un po’ stonate. Ovviamente è solo il mio punto di vista!

8. Sappiamo che oltre a questo romanzo hai scritto altre opere, ti andrebbe di parlarcene?


Sì, volentieri! In particolare, dato che è stato pubblicato dalla stessa casa editrice, Les Flaneurs Edizioni, mi piacerebbe proporre la quarta di copertina del saggio breve, di materia cinematografica, “Il racconto di un sogno. Ritorno a Twin Peaks”, dedicato in modo particolare alla terza stagione di questa celebre serie televisiva: Is it the future or is it the past? Con David Lynch non ne siamo mai certi: i bordi si sfumano, le maglie si allargano, lo spaziotempo e ogni sua logica esplodono in un Big Bang di intuizioni e suggestioni. Raccontare tale caos primigenio come se fosse un sogno è l’obiettivo di questa disamina del terzo capitolo dell’iconico Twin Peaks, una lettura metaforica che ne esplora il simbolismo con l’ausilio della critica cinematografica e della filosofia, della religione e della psicologia. Provando a fare ordine, a comprenderlo quanto più possibile senza annullarne del tutto il mistero. Perché forse è proprio lì, nella sua perturbante indeterminatezza, che si annida il fascino visionario del regista di Missoula.


9. Un'ultima domanda: dal futuro cosa ti aspetti?

Se fossimo sedute una di fronte all’altra, davanti a un caffè, credo che ti sorriderei e poi abbasserei gli occhi.


Il suo romanzo, così come il saggio, sono disponibili su Amazon, dove i due libri sono reperibili, fermo restando che si possono ordinare nei principali store on line e in libreria:

“La quarta dimensione del tempo”: https://www.amazon.it/quarta-dimensione-del-tempo/dp/8831314408/

“Il racconto di un sogno. Ritorno a Twin Peaks”: https://www.amazon.it/racconto-sogno-Ritorno-Twin-Peaks-ebook/dp/B0924X94DY/



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